Coronavirus: la comunicazione del rischio e le fake news

Per evitare il panico da Covid-19 e allo stesso modo per non adagiarsi su false rassicurazioni, serve una guida credibile che offra messaggi coerenti, precisi e in grado di infondere coraggio nei cittadini.

Ecco alcuni consigli per comunicare in modo efficace come gestire un’emergenza e per non cadere vittime delle fake news, oggi sempre più diffuse.

Quello della comunicazione del rischio è un ambito piuttosto complesso: occorre prendere decisioni in poco tempo, spesso in condizioni di incertezza, resistendo a pressioni o richieste esterne, e saper comunicare le motivazioni e l’importanza delle misure e dei comportamenti da adottare al fine di proteggere la salute individuale e collettiva.

Un primo punto fondamentale della crisis communication consiste nel non rassicurare sul rischio.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è utile sminuire il pericolo di diffusione o mortalità del virus per evitare di creare il panico tra le persone. Infatti, rassicurare affermando “è più grave l’influenza” oppure “muoiono solo gli anziani e gli individui con malattie pregresse” ha come unico effetto quello di abbassare la percezione del rischio, che porterà a sua volta a una minor aderenza alle misure contenitive messe in atto e quindi a una maggior difficoltà nel cambiare le proprie abitudini. In termini psicologici, gli individui percepiranno una distonia tra la gravità attribuita al rischio (modesta) e le contromisure suggerite (drastiche).

Allo stesso modo, è fondamentale non aumentare la percezione del rischio.

La motivazione di tale raccomandazione risiede nell’esistenza di bias che vengono attivati durante l’elaborazione delle informazioni: in particolare si fa riferimento a emotional bias che fungono da barriera alla nostra comprensione. In questo modo la nostra attenzione sarà spostata dal contenuto informativo del messaggio a come questo ci fa sentire: la reazione a catena che si viene a creare porta a un aumento di ansia, paura e panico, che confermano la percezione di essere in una situazione ad alto rischio senza via d’uscita e favoriscono sia i comportamenti disfunzionali (basti pensare agli assalti ai supermercati in Italia o ai negozi di armi in America) sia pensieri negativi e intrusivi riguardanti l’epidemia.

Per diminuire l’influenza dei due punti appena illustrati sul comportamento dei cittadini, è necessaria una guida credibile, affidabile e coerente.

Da tale definizione risulta chiaro, ancora una volta, perché non si dovrebbe negare, sminuire o aumentare la percezione del rischio: occorre mostrare onestà e trasparenza ai cittadini per conquistarne la fiducia e rendere più plausibile l’attuazione dei comportamenti raccomandati.

Inoltre, per aumentare l’aderenza alle misure stabilite per contrastare il Covid-19, è necessario dare indicazioni che siano chiare, univoche e coerenti: sapere il perché e come i comportamenti di igiene permettano a un individuo di avere una minor probabilità di contrarre o diffondere il virus rende più plausibile l’impegno del singolo nella lotta alla pandemia.

Infine, la guida dovrebbe aggiornare gli individui sulla situazione in continua trasformazione in modo informativo e sensibile: questo comporta la concettualizzazione di nuovi dati e statistiche all’interno di una prospettiva globale e a lungo termine. Per esempio, le statistiche non dovrebbero essere presentate da sole (con il rischio di dare una percezione di maggiore gravità) ma in confronto con quelle di altri paesi.

Ultimo punto fondamentale per la comunicazione del rischio è anticipare gli eventi.

Nella gestione della crisi pandemica è cruciale riuscire a pensare in modo proattivo: ciò permette alle persone di prepararsi a possibili futuri scenari e mantenere un certo grado di padronanza sugli eventi, fattore che risulta essenziale per affrontare l’incertezza che la pandemia ha portato con sé. Immaginare e progettare come reagire agli scenari più probabili attraverso un piano di azione trasparente e condiviso con la popolazione è la migliore modalità per essere preparati allo scenario peggiore e per collaborare unitamente alla gestione dell’emergenza, pronti a fronteggiare gli inevitabili sviluppi dell’epidemia.

Parallelo alla comunicazione del rischio, ma altrettanto importante, è l’argomento delle fake news.

Lo stesso direttore generale della World Health Organisation (WHO - in italiano OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato durante un suo discorso che la lotta non è solo contro il Coronavirus, ma anche contro quella che viene definita una infodemic: un’epidemia di false notizie che si propagano più velocemente e facilmente del virus ma altrettanto pericolose.

Infatti, uno degli elementi che ha reso questa epidemia così diversa rispetto alle precedenti è la dominanza dei social media nelle nostre vite quotidiane. Gli eventi di emergenza o crisi generano sempre una sensazione di incertezza che culmina in ansia; l’ansia, a sua volta, porta gli individui a ricercare maggiori informazioni in modo da poter essere più preparati a possibili scenari futuri negativi. A livello psicologico, l’essere umano fa quello che ha sempre fatto: prova a cercare o trovare un senso all’interno di una situazione di incertezza.

Mentre nell’era pre-internet le informazioni che si avevano a disposizione venivano curate da testate giornalistiche importanti o da fonti del governo, oggi vi sono troppi individui che manipolano le piattaforme di informazione per un ritorno economico. A loro volta molte persone ri-condividono la notizia, spesso senza nemmeno aver letto l’intero articolo, e in questo modo anche la foto di uno scaffale vuoto al supermercato può generare, come dolorosamente sappiamo, un assalto alle catene alimentari che aumenta ancora di più il rischio di diffusione del virus.

Di fronte a un tale scenario gli esperti raccomandano di limitare e controllare i tempi di esposizione alle informazioni per evitare che queste occupino continuamente la nostra giornata, continuando a condurre una vita normale, nei limiti delle restrizioni imposte. In particolare, è fondamentale limitare la raccolta di informazioni a fonti fidate e riconosciute, come la World Health Organisation o l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e ricordare che circa il 40% delle notizie che riceviamo è falso.

 

Articolo a cura di: dr.ssa Susanna Toppino 

 

Bibliografia

Lazer DMJ, Baum MA, Benkler Y, et al. (2018) The science of fake news. Science 359(6380): 1094–1096.

Naughton, John. “Fake News about Covid-19 Can Be as Dangerous as the Virus | John Naughton.” The Guardian, Guardian News and Media, 14 Mar. 2020.

Oliver, Wekesa, Simiyu. Coronavirus Pandemic and the Emergence of Fake News.

 

Immagine tratta da bbc.com